L'Almanacco Duras
recensione a Duras mon amour 3 - in "Leggere Donna", n. 112, settembre-ottobre 2004
A meno di due anni di distanza dal precedente Duras mon amour 2, è già uscito nel settembre del 2003 un ancor più corposo Duras mon amour 3, a cura di Edda Melon e Ermanno Pea, per lo stesso editore Lindau di Torino. Melon e Pea sembrano aver ereditato da Duras l'esigenza di costruire una comunità, impossibile certo, erratica e difforme, forse più simile a una "società segreta dei lettori": così ne avevano parlato nel primo Duras mon amour, uscito da Marcos y Marcos nel '92, mentre nel successivo si erano indirizzati, prendendo a prestito le parole da Marguerite, alla comunità dei "lettori giovani, i piccoli allievi". In questa terza tappa i curatori hanno voluto porre l'accento sulla "lettura ricominciata", spiegando: "Ricominciare la lettura per noi significa, a ogni puntata di Duras mon amour, l'incontro con nuovi o vecchi compagni di viaggio, per imbarcarci ancora una volta su questa nave Night, sul mare d'inchiostro nero, destinazione Durasia".
Duras mon amour 3 è in questo senso anche un omaggio a tre grandi figure che, con modalità diverse, non hanno mai smesso di ricominciare la lettura di Duras: Michel Foucault, Hélène Cixous e Madeleine Borgomano. Nella rubrica Per la prima volta in italiano, i curatori hanno scelto due articoli fondamentali che hanno accompagnato e guidato le riletture di Duras mon amour: la sempre citata conversazione tra Michel Foucault e Hélène Cixous, del 1975 (traduzione di Anna Battaglia), e La storia della mendicante indiana di Madeleine Borgomano, del 1981 (traduzione di Edda Melon). Ricominciare la lettura per Foucault e Cixous vuol dire cercare ad ogni rilettura di afferrare l'inafferrabile dei testi durassiani, "Una specie di forza nuda contro cui si slitta, su cui le mani non hanno presa", lasciarsi guidare da una "memoria senza ricordo", "uno sguardo di un'intensità estrema perché non riesce a guardare (re-garder)" in una parola, restare in attesa di una folgorazione che permetta, in un "lampo", di accedere al testo (pp. 249-51).
Il celebre articolo di Madeleine Borgomano introduce il concetto di "cellula generatrice" che presuppone una visione organica dell'insieme dell'opera di Duras: attraverso una rilettura retrospettiva della storia della mendicante indiana, Borgomano ricostruisce l'evoluzione diacronica di questo personaggio che attraversa molti romanzi di Duras e vede nel primo nucleo "come in germe", "racchiuso in anticipo, come un codice genetico, il divenire non solo di un libro, ma di un'opera intera" (pp. 257 e 258).
In Duras mon amour 3 "la lettura ricominciata" esplora l'opera durassiana non solo come un "essere vivente" che possiede un'evoluzione diacronica, ma soprattutto come corpus letterario che trae la sua forza vitale inesauribile nelle riletture sincroniche che annullano i confini dei testi e dei generi letterari: seguendo fili invisibili, echi e rimandi interni ed esterni all'opera dell'autrice, il lettore è guidato in un viaggio letterario alla scoperta di zone ancora inesplorate del vasto territorio durassiano.
Così il volume si apre con un articolo nel quale Annalisa Bertoni, attraverso un percorso inedito fatto di allusioni e corrispondenze, ricostruisce le reti di associazioni e stratificazioni che legano vari personaggi durassiani a Sonia Orwell, moglie del celebre scrittore, amica di Duras e dedicataria di Le ravissement di Lol V. Stein. Due altri articoli si confrontano con Lol V. Stein, personaggio tra i più affascinanti e allo stesso tempo inafferrabili dell'opera durassiana. Il primo, di Giuseppe Morrone, attraverso un inaspettato confronto Duras-Klossowski indaga il linguaggio della parola-assenza; il secondo, di Laura Graziano, intesse un dialogo con Lacan e Kristeva e contribuisce ad aggiungere un interessante tassello all'infinito e cangiante quadro psicanalitico della soggettività femminile durassiana.
Alcuni articoli analizzano motivi e temi trasversali all'opera di Duras: Rosa Postorino delinea una mappa del motivo dell'intelligenza attraverso l'intreccio dei destini letterari di personaggi affetti da questa "malattia della morte"; Agnès Forte vede nell'esilio dell'autrice l'origine della marginalità e dell'emarginazione di molti dei suoi personaggi. Monica Farnetti affronta la contraddizione di una scrittura autobiografica in bilico tra il "non dimenticare" e il "non ricordare" e ne suggerisce una chiave di lettura nel motivo della "foto-ricordo". Ermanno Pea ricerca nelle riscritture e rielaborazioni de L'homme assis dans le couloir il segreto indicibile di quella "malattia della morte" che accompagna le relazioni amorose durassiane. Gli fa eco l'articolo di Edda Melon che, a partire da Véra Baxter, personaggio di testo, teatro e film, riesamina l'utopia amorosa del gruppo della rue Saint-Benoît, una "comunità degli amanti" alla ricerca di un'economia amorosa "altra". Non mancano in Duras mon amour 3 le sorprese per i critici più esigenti: Ah! Ernesto, racconto per bambini del 1971, già studiato in Duras mon amour 2, viene ripreso da Laura Kreyder alla luce di ulteriori scoperte sulle fonti, mentre Franca Bruera e Maria Margherita Mattioda riportano all'attenzione della critica Yes, peut-être, pièce teatrale messa in scena nei primi mesi del '68, una condanna satirica della guerra in Vietnam, ora di sinistra attualità. La sezione critica si chiude con l'articolo di Maria Grazia Tundo che insegue la trama di voci di Le navire Night.
Seguono altre due sezioni: Intorno a Duras, e Appendici, i cui materiali variegati contribuiscono a conferire al volume quel carattere di Almanacco che i curatori suggeriscono nell'introduzione. Intorno a Duras contiene una lunga recensione di Ester Carla de Miro al film di Josée Dayan (non ancora giunto in Italia) Cet-amour là, tratto dal libro di Yann Andréa, con Jeanne Moreau nelle vesti della scrittrice nell'ultima parte della vita. E contiene inoltre una bella intervista di Renzo Riccò alla giovane scrittrice italiana Simona Vinci, che da Marguerite Duras riceve una particolare ispirazione, e ce ne chiarisce i motivi. Si passa poi, nelle Appendici, alle consuete rubriche, Per la prima volta in italiano, cui accennavamo all'inizio, e gli esercizi di "letture incrociate" che accompagnano da ormai più di un decennio il gruppo di Duras mon amour: La biblioteca di Duras e La biblioteca con Duras si presentano anche questa volta ricche di segnalazioni, sia per quanto concerne le tracce di letture - reali o ipotetiche - presenti nell'opera di Marguerite, sia per i libri, i film, la musica, gli spettacoli di danza, le opere figurative che si nutrono di citazioni o di ispirazioni durassiane. Per fare degli esempi, Hiroshima mon amour viene "riletto" nel film H Story di Nobuhiro Suwa così come nel romanzo In viaggio con Junior di Angelo Morino; Détruire dit-elle ha ispirato un'installazione video di Monica Bonvicini; un contatto viene suggerito tra Duras e Agota Kristof; e sempre più numerose sono le schede musicali, tra cui varie esecuzioni del brano India Song (Murray Head, Malia, Mariana Montalvo, Stephan Oliva), e le segnalazioni di CD o di trasmissioni radiofoniche. Ne La nostra biblioteca vengono infine segnalate le più importanti novità librarie e le tesi di laurea discusse nelle università italiane.
Duras mon amour 3 si presenta dunque come una sorta di archivio delle produzioni recenti, un laboratorio di confronto continuamente sottoposto ad aggiornamenti: un progetto "aperto", che raccoglie e diffonde notizie anche mediante il proprio sito internet www.durasmonamour.it. In questo modo si avvicina sempre più al concetto durassiano di "libro aperto" ed è in questo senso che mi sembra di poter interpretare una delle novità di questo terzo volume. Nella prima sezione, sparse in mezzo agli articoli di critica letteraria, si aprono quattro "finestre" sull'opera di Duras: non annunciate dai curatori si presentano improvvise e creano nel lettore un effetto di sorpresa e smarrimento. Si tratta di pagine tratte da articoli o interviste dell'autrice, tradotte per la prima volta in italiano da un traduttore volutamente anonimo: quattro "finestre" che aprono un varco nella staticità del testo e moltiplicano all'infinito il gioco di rimandi e allusioni, quattro "vie di fuga" verso letture illimitate. Non ci è difficile riconoscere nella traduttrice anonima, che getta la pietra e nasconde la mano, la curatrice, Edda Melon, le sue letture sempre ricominciate, il suo dialogo infinito con Duras e con la "comunità segreta" dei lettori, il suo invito a "perdersi" nella vertigine delle letture incrociate: "Bisogna perdersi", scrive Duras all'inizio del Viceconsole, "Bisogna lasciarsi alle spalle i secondi fini, disporsi a non riconoscere più nulla di ciò che si conosce, dirigere i propri passi verso l'orizzonte più ostile, una sorta di vasta distesa di paludi che mille scarpate attraversano in tutti i sensi non se ne vede il perché".
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